Uno, due, tre partenza. . . stop!

Una problematica che stiamo riscontrando sempre più frequentemente tra i nostri associati, è legata alla cancellazione di un viaggio, o meglio di una vacanza. Quello che dovrebbe essere un momento di relax dopo il periodo appena trascorso tra chiusure e restrizioni, si trasforma in una peripezia, spesso caratterizzata da lungaggini, attese e soprattutto voucher. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza: coloro che non hanno potuto godere di un viaggio già programmato, a causa di restrizioni e/o confinamento, possono provare a richiedere un rimborso, tuttavia non sarà facile.

Se la vostra vacanza è stata cancellata, entro 30 giorni dalla data prevista per la partenza, dovrete darne comunicazione all’agenzia o alla struttura ricettiva o all’ente che effettua il trasposto. In tal caso, l’agenzia di viaggi può offrire un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente, superiore o inferire con la restituzione della differenza di prezzo, in alternativa può procedere al rimborso monetario, altrimenti, può emettere un voucher, di importo pari al rimborso spettante e che potrà essere utilizzato entro 24 mesi. Lo stesso comportamento deve essere tenuto da parte delle strutture ricettive, anche quelle che abbiano sospeso o cessato l’attività: devono offrire al cliente un servizio di qualità equivalente, superiore o inferire con la restituzione della differenza di prezzo oppure, possono procedere al rimborso, in alternativa, possono emettere un voucher, di importo pari alla somma versata, della validità di 24 mesi. In ogni caso, decorsi 24 mesi dall’emissione, per i voucher non usufruiti o non impiegati, è previsto il rimborso monetario dell’intero importo versato.

Limitatamente per i voucher emessi in relazione al trasporto aereo, ferroviario e marittimo, il rimborso può essere richiesto dopo 12 mesi dall’emissione, ovvero solo dopo la scadenza del buono, ed è corrisposto entro 14 giorni dalla richiesta. Queste misure trovano applicazione anche nel caso in cui il titolo di viaggio o il soggiorno o il pacchetto turistico sia stato acquistato o prenotato tramite un’agenzia di viaggi o un portale di prenotazione. Infine, è sempre corrisposto il rimborso con restituzione della somma versata, senza emissione di voucher, nel solo caso in cui si tratti di un viaggio di istruzione che riguarda la scuola dell’infanzia o le classi terminali della scuola primaria, della scuola secondaria di primo e di secondo grado, nonché per i soggiorni di studio degli alunni del quarto anno delle scuole secondarie di secondo grado nell’ambito dei programmi internazionali di mobilita’ studentesca.

Per concludere, nel decreto sostegni si prevedere la creazione di un Fondo, istituito dal Ministero della Cultura, per l’indennizzo dei consumatori titolari di voucher rimasti inutilizzati fin dopo la scadenza di validità e non rimborsati a causa dell’insolvenza o del fallimento dell’operatore turistico o di chi ha emesso il voucher.

Se incontrate difficoltà nell’utilizzo dei voucher o nel ricevere i rimborsi dovuti, non esitate a contattarci  al nostro sportello – turismo info@sosturista.it -o allo sportello covid -sportellocovid@federconsumatorier.it- o recandovi presso le nostre sedi territoriali 

S.M.

(Foto di Javier del Campo da Pixabay)

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Buoni fruttiferi: fissata al 21 settembre 2021 l’udienza per valutare l’ammissibilità della class action. Invitiamo i cittadini coinvolti a pre-aderire al più presto!

È stata fissata al 21 settembre l’udienza in cui si discuterà l’ammissibilità o meno della class action promossa da Federconsumatori contro Poste Italiane per consentire ai possessori dei buoni fruttiferi postali Serie Q di richiedere il giusto riconoscimento di quanto gli spetta.

I buoni in questione sono quelli della serie Q emessi tra il 1 luglio 1986 e il 31 ottobre 1995, per i quali alcuni Tribunali di merito (tra cui il Tribunale di Bergamo con la sentenza n.1390/2020), hanno già ritenuto che la capitalizzazione degli interessi che maturano sui buoni fruttiferi postali serie Q deve avvenire al lordo della ritenuta fiscale.

Sorde a tali orientamenti Poste Italiane, invece, in modo del tutto illegittimo, hanno applicato una capitalizzazione al netto della ritenuta fiscale per ciascuno dei primi 20 anni di durata dei buoni.

A causa di tale condotta i cittadini hanno perso ingenti somme, specialmente chi possedeva più buoni di tale serie. Secondo le nostre stime per un buono della serie Q emesso a maggio (dal 1988 al 1995) per il valore iniziale di Lire 5.000.000 l’importo non corrisposto ammonta a circa 3.773,49 Euro.

“Stiamo continuando a raccogliere numerose pre-adesioni alla class action, da parte dei cittadini determinati a riavere ciò che gli spetta. – afferma Emilio Viafora, Presidente Federconsumatori – invitiamo tutti i cittadini coinvolti ad effettuare la pre-adesione al più presto, per dare ancor più forza all’azione e far valere i propri diritti.”

COME PRE ADERIRE?

Pre-aderire all’azione di classe è semplice, basterà visitare il sito www.serieq.it e compilare il form seguendo le indicazioni o rivolgersi ai nostri sportelli.

Non esitate a contattare la Federconsumatori per ricevere tutti gli aggiornamenti e le informazioni in merito alla class action sui buoni della serie Q e alle iniziative da intraprendere per le altre serie di buoni fruttiferi.

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Green pass, cosa succede dal 6 agosto

Se all’inizio del mese di giugno facevamo il punto (in questo articolo) sulle “certificazioni verdi Covid-19” introdotte per agevolare gli spostamenti tra le regioni italiane, prima, e poi tra i Paesi membri dell’Unione europea, all’inizio del mese di agosto lo stesso strumento assumerà una nuova funzione entro i confini nazionali, allo scopo di incentivare la partecipazione alla campagna vaccinale e di prevenire l’aumento del numero dei contagi.

Il decreto legge n. 105/2021 del 23 luglio scorso contiene, oltre alla rilevante proroga dello stato di emergenza sino alla fine di quest’anno (31 dicembre 2021), alcune misure urgenti per “fronteggiare l’emergenza epidemiologica e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”. Tra queste, la limitazione della possibilità di svolgere determinate attività o di accedere a specifici luoghi sulla base del possesso del cosiddetto Green Pass. A partire dal 6 agosto 2021 solo le persone già in possesso della certificazione verde Covid-19 comprovante l’inoculazione almeno della prima dose vaccinale Sars-CoV-2 (con validità 9 mesi) o la guarigione dall’infezione da Sars-CoV-2 (con validità 6 mesi) o l’effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-CoV-2 (con validità 48 ore) potranno accedere a (art. 3 comma 1, d.l. 105/2021):

  • servizi per la ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per consumo al tavolo al chiuso;

  • spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi;

  • musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre;

  • piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso;

  • sagre e fiere, convegni e congressi;

  • centri termali, parchi tematici e di divertimento;

  • centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, i centri estivi e le relative attività di ristorazione;

  • attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò;

  • concorsi pubblici.

Ancora nessuna disposizione relativa ai trasporti pubblici.

È inerente e degna di nota anche la previsione (art. 5 comma 1, d.l. 105/2021) che il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza, il Generale di Corpo d’Armata Figliuolo, debba definire, d’intesa col Ministro della salute, un protocollo d’intesa con le farmacie e con le altre strutture sanitarie al fine di assicurare fino al 30 settembre 2021 la somministrazione di test antigenici rapidi a prezzi contenuti.

Il protocollo dovrà tenere conto in particolare dell’esigenza di agevolare ulteriormente i minori di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

S.M.

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Carta di credito revolving, cos’è e come funziona

La carta di credito revolving è una carta di credito che consente il pagamento dilazionato delle spese effettuate, ha la stessa funzionalità delle carte di credito tradizionali però il rimborso delle somme spese avviene in più rate mensili.

La carta di credito revolving è una carta in tutto e per tutto identica alle carte di credito ordinarie, poiché ha un codice IBAN, un codice CVC, un codice di sicurezza, per essere utilizzata anche per gli acquisti online.

Siamo, quindi, davanti ad un prodotto che è una carta standard e che, almeno dall’esterno, non ha alcuna differenza con le carte di credito tradizionali.

La carta revolving può essere utilizzata per qualsiasi acquisto e per prelevare denaro contante negli sportelli bancari, naturalmente senza superare il tetto massimo messo a disposizione dall’istituto di credito e/o finanziaria.

Solitamente, la carta di credito revolving ha un prestito incorporato, ciò significa che permette al titolare di effettuare acquisti, o prelievi, anche in assenza di disponibilità di liquidità sul conto corrente.

La carta di credito revolving può essere richiesta ormai in qualunque istituto bancario, dato che tutte le banche attualmente operanti in Italia offrono prodotti di questo tipo.

Tipicamente la banca, per rilasciare quello che è uno strumento di credito a tutti gli effetti, effettua dei controlli sulla solvibilità del richiedente, tenendo conto e valutando quelle che sono le sue effettive sostanze economiche, prima di affidargli una carta di questo tipo.

Per la richiesta della carta revolving, in genere, si richiedono documenti come il codice fiscale, la carta di identità, informazioni sul reddito con annessa produzione delle relative certificazioni e/o dichiarazioni fiscali, e ciò sia per quanto concerne il lavoro da dipendente che da libero professionista. Successivamente, segue una analisi dei fattori finanziari del soggetto richiedente da parte dell’istituto bancario e/o finanziario, il cui risultato sarà dato dal consenso o meno di affidamento della carta revolving.

La modalità di funzionamento è semplice, infatti con il rilascio della carta viene concesso al titolare un fido iniziale da utilizzare per acquisti e prelievi, poi ogni volta che il titolare effettua un acquisto o un prelievo di contante, questi utilizza una parte del credito messo a sua disposizione e quindi il credito disponibile diminuisce. I pagamenti effettuati dal titolare della carta, una volta coperti gli interessi maturati ricostituiscono in tutto o in parte la disponibilità del fido che può quindi essere nuovamente utilizzato.

Il pregio delle carte revolving è costituito dalla rata mensile da rimborsare unitamente alla gestione della stessa, poiché è possibile scegliere e/o concordare l’importo della rata stessa. L’ammontare della rata, in molti casi, può essere stabilito partendo da una soglia minima di rimborso generalmente compresa tra il 5-10% del fido prestabilito. Man mano che il titolare della carta rimborsa all’istituto emittente le rate da pagare, il suo fido si rigenera in modo da consentirgli di effettuare nuovi acquisti.

Alla base del meccanismo di ogni carta revolving c’è un limite massimo di debito accumulabile e una soglia minima di risarcimento mensile.

Il difetto delle carte revolving sono i costi della carta stessa, poiché oltre ai tassi di interessi che possono essere elevati, vanno considerate anche tutti i costi di gestione e le commissioni che vengono applicate nel momento in cui si effettua un prelievo.Quindi nel momento in cui si decide di attivare una carta revolving è importante prestare molta attenzione al tasso di interesse applicato. Infatti, il vantaggio della dilazione del pagamento degli acquisti effettuati dal titolare della carta prevede un costo aggiuntivo, che si traduce nella corresponsione di un tasso di interesse elevato sul prestito. Secondo le recenti stime divulgate dalla Banca d’Italia, il tasso medio applicato sul pagamento delle rate di una carta revolving è circa del 17%!

Gli elementi da considerare prima di attivare una carta revolving, per essere più consapevoli dei costi che si dovranno sostenere, sono:

Il TAN (Tasso Annuo Nominale): è l’indice di riferimento più semplice, in quanto rappresenta l’interesse da corrispondere annualmente all’istituto mutuante; ma gli interessi non si pagano una volta all’anno, bensì diluiti su ogni rata, per questo è più realistico il TAEG, che considera il pagamento rateale e non prevede, di conseguenza, nessun rimborso degli interessi maturati da parte del debitore durante l’anno;

il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale): è l’indice che illustra nel modo più realistico possibile il costo globale di un prestito; è un indicatore che non viene usato per il calcolo delle rate ma come strumento di comparazione, poiché offre una visione chiara e completa sul costo di ogni proposta di carta di credito revolving;

le spese di gestione: come la quota associativa annuale, il costo di invio dell’estratto conto mensile (che varia tra 1,00 e 3,00 Euro) e il tasso di interesse che viene applicato ad ogni singola rata pagata.

Tipicamente, l’estratto conto mensile di una carta revolving elenca: le spese e/o i prelievi effettuati con la carta, la rata mensile e le spese di gestione addebitate, il credito usato ed il fido nuovamente disponibile.

Le carte revolving offrono poi modalità di utilizzo diverse da quelle degli ormai tradizionali finanziamenti finalizzati. In primo luogo, utilizzando una carta di credito di questo tipo è possibile acquistare immediatamente qualsiasi bene (entro i limiti del fido disponibile) senza dover presentare documenti ed attendere autorizzazioni. Le carte revolving inoltre mettono a disposizione del titolare un credito che si ricostituisce mano a mano che le somme utilizzate vengono rimborsate, mentre nel tradizionale prestito finalizzato ogni finanziamento costituisce una pratica a sé stante.

Per non correre il rischio di sovraccaricarsi di spese è bene usare la carta di credito revolving in modo intelligente. La carta revolving è particolarmente indicata per l’acquisto di beni durevoli mediamente costosi (come: elettrodomestici, casalinghi, oggetti d’arredamento, articoli per il giardino, ecc.), poiché è possibile estinguere il loro pagamento in poche rate accumulando una quota di interessi accettabile.

E’, invece, sconsigliato utilizzare una carta di credito revolving per il pagamento delle spese quotidiane, in quanto meno prevedibili ed amministrabili, quindi è possibile andare in contro a costi molto elevati dovuti al continuo pagamento di interessi (applicati alle spese effettuate mese per mese).

E’ facile comprendere la ragione per cui le banche e le finanziarie continuino a promuovere le carte revolving, infatti rispetto alle carte di credito classiche, le carte di credito revolving sono molto più redditizie per gli istituti emittenti, grazie agli elevati interessi applicati sulle rate pagate.

In conclusione, la principale differenza tra carta di credito tradizionale e carta di credito revolving consiste nel fatto che invece di avere un addebito posticipato in un’unica soluzione della somma da rimborsare all’istituto emittente, si ha la possibilità di risarcire a rate mensili l’ammontare della spesa effettuata. Gli svantaggi di possedere una carta revolving sono quelli di dover sostenere dei costi elevati rappresentati

(I) dal pagamento di un tasso di interesse sulle rate,

(II) dal pagamento di spese di gestione elevate e

(III) dalla maturazione di interessi passivi in caso di mancato rimborso del debito.

Infine, nel caso in cui non venga pagata la rata della carta revolving per tempo, si andrà incontro alla procedura di recupero, che prevede il blocco della carta fino a quando non sarà stato pagato il dovuto (maggiorato delle spese e interessi di mora) e la segnalazione del titolare della carta al SIC (il sistema di informazione creditizio), che è una banca dati in cui sono registrati i “cattivi pagatori” e che viene normalmente consultata dagli istituiti di credito e dalle finanziare per la concessione di finanziamenti e/o prestiti.

Santini Maruska, consulente Federconsumatori Rimini a.p.s.

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay 

Legge 4/2017 annualtà 2021
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Autostrade per l’Italia non riduce i pedaggi e non rimborsa gli utenti. L’Antitrust avvia un procedimento di inottemperanza

Autostrade per l’Italia non ha ridotto il costo del pedaggio e non ha riconosciuto rimborsi agli utenti per le tratte autostradali in cui ci sono forti problemi di viabilità, carenze di gestione e manutenzione, nonostante la maxi-sanzione da 5 milioni di euro decisa dall’Antitrust lo scorso marzo. Per questo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un procedimento di inottemperanza nei confronti di Autostrade per l’Italia S.p.A. concessionaria della gestione e della manutenzione di oltre 3.000 km di rete autostradale nel nostro Paese.

L’Antitrust aveva dato applicazione alle norme previste dal Codice del Consumo per le pratiche scorrette attuate da Autostrade, accertando il mancato adeguamento del pedaggio per ciascuna delle tratte autostradali (A/14 Bologna-Taranto, A/16 Napoli-Canosa, A/26 Genova Voltri-Gravellona Toce e per le parti di competenza A/7 Milano-Serravalle-Genova, A/10 Genova-Savona-Ventimiglia e A/12 Genova-Rosignano) interessate da un significativo peggioramento del servizio in danno degli utenti, compresa l’inadeguatezza delle informazioni fornite per le modalità da seguire nelle richieste di rimborso del pedaggio.

L’Antitrust ha giudicato insufficienti i correttivi posti in essere da Autostrade i particolare per le informazioni fornite all’utenza e, soprattutto, “non ha ridotto il costo del pedaggio e/o non ha adottato alcuna procedura per riconoscere agevolazioni tariffarie e rimborsi per le tratte autostradali in cui si verificano rilevanti criticità nella viabilità”. Una pratica di Autostrade che ha causato e continua a causare un evidente disagio a automobilisti e autotrasportatori in termini di code, rallentamenti e aumenti dei tempi di percorrenza.

S.M.

L.4/2017 annualità 2021

Foto di Schwoaze da Pixabay 

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BONUS TV: passaggio agevolato alla nuova tecnologia televisiva

Nei prossimi mesi la tecnologia televisiva sarà progressivamente innovata. Dal 1 settembre 2021, migliorerà la definizione delle immagini, con l’abbandono della codifica MPEG2 a favore della MPEG4; i televisori che ad oggi non permettono di visualizzare i canali in alta definizione (HD) diventeranno obsoleti.

Tra settembre 2021 e giugno 2022 i canali saranno riposizionati sulle diverse frequenze, seguendo un calendario prestabilito: entro il 31 dicembre 2021 Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e le province di Trento e di Bolzano; tra 1 gennaio 2022 e 31 marzo 2022 Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Sardegna; tra 1 aprile 2022 e 31 giugno 2022 Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Molise, Marche. Sarà sufficiente risintonizzare il proprio televisore, un’operazione che si avvia semplicemente con il telecomando n pochi passaggi.

Il mese di giugno 2022 segnerà il traguardo della transizione ai nuovi standard televisivi: DVB-T2 ed HEVC. Entro tale data sarebbe opportuno verificare se il proprio televisore è adatto alla ricezione del nuovo segnale, altrimenti acquistare un decoder o un nuovo apparecchio.

Per eseguire tale verifica, è sufficiente sintonizzarsi sui cosiddetti canali “test”, canale 100 per RAI e canale 200 per Mediaset: se si visualizza la scritta “,”Test HEVC Main10” il televisore è adatto al progresso di standard. Altrimenti, una volta ripetuta la prova dopo aver risintonizzato il televisore a scanso di equivoci, è il caso di attivarsi per un adeguamento, ed eventualmente per ottenere le previste agevolazioni (un test rapido è disponibile anche su questo sito).

Già alla fine del 2019, e fino al 2022, il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) aveva previsto un bonus del valore massimo di 50€ per l’acquisto di un nuovo televisore che supporti lo standard DVB-T2 o di un decoder per adeguare l’apparecchio già posseduto. L’accesso a questo bonus, tuttavia, è limitato ai nuclei con ISEE fino a 20’000€. Per usufruirne è necessario scaricare dal sito del MISE un apposito modulo di autocertificazione, da presentare al negoziante presso cui si acquista il televisore o il decoder. Il negoziante inserirà il codice fiscale dell’acquirente ed i dati identificativi del prodotto sul sito dell’Agenzia delle Entrate, per recuperare lo sconto applicato sotto forma di credito d’imposta.

La recente novità, contenuta nel Decreto Sostegni, è l’introduzione di un ulteriore bonus TV, denominato bonus “rottamazione TV” per differenziarlo dal precedente, di maggior valore, indipendente dal reddito, eventualmente cumulabile.

I requisiti per poterne beneficiare sono: la rottamazione di un televisore acquistato prima del 22 dicembre del 2018; la regolarità del pagamento del canone RAI (o dell’esenzione per chi ne beneficiasse); l’acquisto di uno dei modelli di televisore previsti dal MISE (l’elenco è consultabile su questo sito).

Il bonus consiste in uno sconto del 20% sul prezzo del nuovo televisore (IVA inclusa) fino ad un massimo di 100€. Si può ottenere lo sconto portando l’apparecchio da rottamare al negozio di acquisto del nuovo televisore oppure in una discarica autorizzata, dove la rottamazione sarà attestata mediante compilazione di un apposito modulo. Ogni utente, identificato con codice fiscale, può usufruire una solo volta del bonus.

Se la disponibilità del recente bonus TV è programmata fino al 31 dicembre 2022, la somma stanziata (250 milioni) potrebbe essere insufficiente per soddisfare tutte le richieste, che, peraltro, ancora non possono essere presentate. Si attende, infatti, la pubblicazione del decreto attuativo dedicato; il bonus sarà a tutti gli effetti disponibile solo trascorsi 14 giorni dalla pubblicazione in G.U., mentre chi si occupa della vendita e dello smaltimento degli apparecchi si organizza e l’Agenzia delle Entrate predispone la piattaforma online per le verifiche. AIRES ed altre associazioni di categoria hanno chiesto un incontro urgente all’Agenzia delle Entrate per definire gli ultimi dettagli.

Ulteriori informazioni sono disponibili ed aggiornate, sul sito dedicato del MISE.

Foto di Alexander Antropov da Pixabay 

E.A.

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Prevenzione, cura e riabilitazione: le linee guida del gioco d’azzardo patologico

Il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato nei giorni scorsi il decreto che adotta le “Linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dal gioco d’azzardo patologico” che sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Il Decreto prevede che le Regioni possano attuare le disposizioni “favorendo l’integrazione tra i servizi pubblici e le strutture private accreditate, gli enti del Terzo settore e le associazioni di auto-aiuto della rete territoriale locale”. Sempre il Ministro Speranza fa affermato che “La ludopatia è una dipendenza pericolosa che colpisce anche i più giovani. Il primo passo è riconoscerla ma poi è necessario intervenire”.

L’Istituto Superiore di Sanità stima che, in Italia, l’azzardo coinvolga una popolazione di circa 5,2 milioni ‘abitudinari’, di questi circa 1,2 milioni sono considerati problematici.

Come tutte le attività anche il gioco d’azzardo ha subito un duro colpo a causa della pandemia; sono infatti crollate le scommesse di sale slot e bingo di quasi il 50% sia a livello nazionale che in Emilia Romagna. Questo ha significato un risparmio per i cittadini dell’Emilia Romagna di oltre 550 milioni di euro corrispondenti 150 euro pro capite per cittadino.

Alla chiusura della sale dedicate al gioco fisico non è però corrisposto, contrariamente alla aspettative, un aumento del gioco online che è cresciuto meno degli anni precedenti. Questo significa che con un contenimento delle possibilità di gioco si ha una riduzione di un fenomeno che crea tante problematiche a tante persone e famiglie.

Ogni mese sono centinaia le telefonate ricevute dal Telefono Verde Nazionale per le problematiche legate al Gioco d’Azzardo (TVNGA) – 800 558822 – dell’Istituto Superiore di Sanità. Ma qualcosa è cambiato, infatti se prima della pandemia chiamavano al 50% giocatori e famigliari, durante il lockdown quasi tutte le chiamate sono arrivate da giocatori che chiedevano sostegno, perché stare a casa in una situazione di “reclusione” aveva evidenziato la dipendenza e le crisi di astinenza ma anche le difficoltà di tipo economico.

Mai sottovalutare i problemi derivanti dal gioco d’azzardo. Il Disturbo da gioco d’azzardo (DGA), è una vera e propria patologia che produce effetti sulle relazioni sociali o sulla salute seriamente invalidanti. Può assumere la connotazione di un vero e proprio disturbo psichiatrico ed è una dipendenza patologica.

P.B.

Foto di stokpic da Pixabay 

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Cashback di Stato: tempo di rimborsi (ma non per tutti)

La Cabina di Regia tenutasi a Palazzo Chigi il 28 giugno scorso ha deciso di arrestare il programma Cashback, che pertanto non si ripeterà nel secondo semestre del 2021, né tantomeno nel primo semestre 2022, come inizialmente previsto. Ciò non fa venir meno il pagamento dei rimborsi relativi al periodo appena conclusosi (01/01/2021 – 30/06/2021).

Il primo semestre del Cashback di Stato (01/01/2021 – 30/06/2021) volge al termine, non senza sorprese.

Il programma Cashback prevede due tipologie di rimborso: il rimborso percentuale (il “Cashback” tout court) rispetto ad ogni transazione eseguita con uno strumento di pagamento elettronico registrato in fase di iscrizione al programma; il rimborso speciale forfettario (il “Super Cashback”) erogato sulla base di una classifica stilata considerando il numero di transazioni effettuate con i medesimi strumenti di pagamento elettronico entro un dato periodo del programma.

Il rimborso percentuale è pari al 10% dell’importo di ogni transazione, fino ad una somma complessiva di 150€, per ogni semestre del programma. Per ottenere il rimborso, è necessario totalizzare 50 transazioni nell’arco del semestre. Il conteggio delle transazioni si azzera e riparte al termine di questo periodo. È possibile monitorare i propri conteggi ed il dettaglio delle transazioni dall’app IO, la stessa applicazione utilizzata per l’iscrizione e la registrazione degli strumenti di pagamento.

I rimborsi sono erogati da Consap S.p.A., la società Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici, tramite bonifico. Al momento dell’iscrizione, e comunque entro e non oltre la scadenza del periodo di riferimento, il/la partecipante al programma è tenuto/a infatti ad indicare un codice IBAN. L’erogazione ha luogo entro 60 giorni dal termine del periodo, quindi entro il 29/08/2021 per il primo semestre del programma nel 2021, che si conclude il 30 giugno p.v.

Una precisazione degna di nota: se il totale dei rimborsi dovuti ai/alle partecipanti dovesse essere superiore alle risorse stanziate ex lege per il periodo di riferimento, ciascun/a partecipante potrebbe vedere una riduzione proporzionale dell’importo del rispettivo rimborso.

Tempo di rimborsi, ma non prima di aver verificato la regolarità delle transazioni. Secondo una notizia ANSA del 28 maggio scorso, un messaggio – una notifica dell’app IO – avrebbe raggiunto i/le partecipanti le cui transazioni siano risultate anomale ai controlli del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Questi utenti avrebbero avuto un termine di sette giorni per dimostrare, compilando un modulo online, la regolarità delle transazioni contestate, altrimenti stornate e non considerate nel calcolo del rimborso. Sono considerate “anomale” le transazioni di «importo irrisorio, effettuate in numero elevato presso lo stesso esercente»: micro-transazioni effettuate al solo scopo di raggiungere il numero minimo di pagamenti elettronici per ottenere il rimborso a fine periodo, ma soprattutto per scalare la classifica del Super Cashback. Un caso emblematico, riportato da diverse testate giornalistiche: in provincia di Cuneo, ad un distributore di benzina self-service un cliente avrebbe effettuato 62 transazioni in meno di un’ora, per un totale di circa 6€.

L’irregolarità, tuttavia, non trova fondamento nel regolamento del programma Cashback, che presenta una lacuna in merito. Il regolamento specifica che le transazioni devono essere reali, ovvero collegate ad un acquisto (con importanti esclusioni, ad esempio gli acquisti online), ma non vieta espressamente le cosiddette micro-transazioni. I ricorsi a fronte dello storno delle operazioni dal sistema di calcolo dei rimborsi e delle posizioni nella graduatoria per il rimborso speciale potrebbero essere numerosi. Secondo i dati ufficiali, circa i/le partecipanti al programma sarebbero 8.8 milioni, per un totale di transazioni prossimo a 763 milioni e più di 16 milioni di strumenti di pagamento elettronico registrati; le operazioni per importi inferiori a 5€ sarebbero circa 111 milioni (fonte: https://io.italia.it/cashback/dashboard ).

In ogni caso, l’irregolarità non da luogo ad alcuna ulteriore sanzione di tipo pecuniario. In vista del secondo semestre del programma (01/07/2021 – 31/12/2021) sarebbe auspicabile un’integrazione del regolamento, così da evitare che si ripresentino simili situazioni di ambiguità.

E.A.

LR 4/2017 annualità 2021

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Fatturazione 28 giorni, inaccettabile l’annullamento della sanzione agli operatori di tlc da parte del TAR del Lazio. Le compagnie continuano a violare i diritti degli utenti

I pronunciamenti del TAR del Lazio, con i quali sono state annullate le sanzioni emesse a gennaio 2020 dall’AGCM nei confronti di Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre, si configurano come delle vere e proprie beffe nei confronti dei diritti dei consumatori.

Parliamo ancora della fatturazione a 28 giorni  e delle multe che l’antitrust aveva inflitto alle varie compagnie pari a 228 milioni di euro. Nello specifico si era formata una intesa anticoncorrenziale tra i gestori sulla rimodulazione delle tariffe dopo il ritorno alla bolletta mensile.

L’Autorità aveva accertato l’intesa restrittiva tra le compagnie, cosa che comunque non ha impedito dal TAR di accogliere i ricorsi presentati dagli operatori: nonostante le evidenze riscontrate dall’Authority il Tribunale, con una posizione che appare del tutto incomprensibile, ha ritenuto che i fatti in questione costituiscano tuttalpiù una “pratica scorretta” ma non dimostrino l’esistenza di un cartello anticoncorrenziale tra i gestori.

Questa faccenda della “fatturazione a 28 giorni” si trascina ormai da molto tempo e, nonostante si siano susseguiti pronunciamenti, sentenze e sanzioni a tutela degli utenti coinvolti, ancora una volta prevalgono l’arroganza e lo strapotere delle compagnie telefoniche che, aggrappandosi a meri cavilli burocratici, continuano indisturbate ad agire scorrettamente e a ledere i diritti dei consumatori.

Come Federconsumatori riteniamo inconcepibile la decisione del TAR, che appare a tutti gli effetti come uno schiaffo ai diritti degli utenti: la tutela del consumatore, che dovrebbe costituire una priorità assoluta, viene di fatto relegata in un angolo, insieme al parere di merito espresso dall’autorità competente.

Rinnoviamo l’invito a coloro i quali abbiano necessità di informazioni e assistenza a rivolgersi alle sedi Federconsumatori Emilia Romagna presenti su tutto il territorio nazionale.

S.M.

Foto di alefonte da Pixabay 

L.4/17 annualità 2021

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Estate, viaggi, vacanze e coinquilini a 4 zampe: diritti dei nostri amici animali e doveri di chi ha la fortuna di vivere con loro

L’estate sta arrivando e per il secondo anno le mete nazionali saranno preferite rispetto ai viaggi all’estero anche a causa della pandemia. Questo ha aumentato notevolmente il numero dei consumatori viaggiatori che, restando entro i confini nazionali, sceglieranno di portare in vacanza il loro animale domestico.

Ma quali sono regole,  limiti e attenzioni quando  si viaggia con tutta la famiglia (compresa quella con la coda)?
I diritti del nostro “coinquilino” a 4 zampe durante un viaggio o una vacanza cambiano a seconda di dove ci troviamo e da dove vogliamo andare. Vediamo quindi quali sono tutte le cose che dobbiamo sapere per fare tutto al meglio, nel nostro interesse e anche per i nostri amici. Le norme dell’UE agevolano i viaggi in un altro paese dell’UE (in questo caso i 27 paesi dell’UE + la Norvegia) con il tuo cane, gatto o furetto. Tali norme riguardano anche i viaggi verso l’UE da un paese o un territorio al di fuori dell’UE. Queste norme si applicano ai viaggi privati con animali da compagnia che non comportano un cambiamento di proprietà o una vendita. La prima domanda che dobbiamo porci se ci apprestiamo ad un viaggio con i nostri amici animali è: servono dei documenti e delle specifiche condizioni sanitarie? La risposta è sì, vediamo insieme quali.

Il Passaporto europeo per animali da compagnia è un documento basato su un modello standard dell’UE ed è essenziale per gli spostamenti tra i paesi dell’UE. Contiene una descrizione e i dettagli relativi all’animale da compagnia, compreso il suo codice microchip o tatuaggio, il codice relativo alla vaccinazione antirabbica nonché gli estremi del proprietario e del veterinario che ha rilasciato il passaporto.

E’ fondamentale sottolineare che la vaccinazione antirabbica NON è più obbligatoria in Italia ma è indispensabile per il rilascio del passaporto dell’animale  e spostarsi all’estero. Così come indispensabile è informarsi dal proprio veterinario di fiducia per capire tempi e modi di somministrazione di tale vaccino al nostro animale. Il passaporto europeo per animali da compagnia (per il tuo cane, gatto o furetto) può essere rilasciato da veterinari autorizzati dalle autorità competenti.

Un passaporto per animali da compagnia è valido per tutta la vita, a condizione che la vaccinazione contro la rabbia sia valida. Il Certificato sanitario per animali dell’UE è un altro tipo di documento, che contiene informazioni specifiche sul tuo animale (identità, salute, vaccinazione antirabbica) e si basa su un modello standard dell’UE.

Se viaggi da un paese o da un territorio extra UE, il tuo animale da compagnia deve essere dotato di un certificato sanitario dell’UE rilasciato da un veterinario ufficiale, appartenente al servizio veterinario pubblico del paese di partenza, non più di 10 giorni prima dell’arrivo dell’animale da compagnia nell’UE.

Il certificato è valido per i viaggi tra paesi dell’UE per 4 mesi a decorrere da tale data o fino alla scadenza della vaccinazione antirabbica. In aggiunta, occorre compilare e allegare al certificato sanitario del tuo animale da compagnia una dichiarazione scritta attestante che il viaggio dell’animale non è dovuto a motivi commerciali. Tale dichiarazione è richiesta anche se il tuo animale da compagnia viaggia sotto la responsabilità di una persona da te autorizzata. In questo caso, il tuo animale deve essere ricongiunto con te entro 5 giorni dal tuo trasferimento.

Animali da compagnia che viaggiano senza il loro proprietario

Di norma, gli animali da compagnia devono viaggiare con i proprietari; tuttavia, puoi autorizzare per iscritto un’altra persona ad accompagnare il tuo animale da compagnia in tua vece (cfr. modello dichiarazione scritta qui sopra). In tal caso devi però riunirti con il tuo animale da compagnia entro 5 giorni dal suo trasferimento. Se il tuo animale da compagnia viaggia senza accompagnatore, dovrà rispettare le norme di polizia sanitaria applicabili all’importazione o al commercio di cani, gatti o furetti nell’UE.

Esplorato nel dettaglio l’aspetto documentale per spostarsi in Europa vediamo invece cosa è indispensabile avere se ci muoviamo entro i confini nazionali.

In Italia, dal 2005 il proprietario di un cane “ha l’obbligo di identificarlo con microchip e iscriverlo all’anagrafe canina”. In vacanza occorre portare il libretto sanitario dell’animale domestico. Per i cani é obbligatoria nel libretto l’indicazione del numero identificativo del microchip. Il cane in vacanza deve essere in regola con le vaccinazioni previste dalla normativa italiana. In vacanza l’adempimento a tali obblighi può essere oggetto di controllo anche da parte delle strutture ricettive.

Attualmente in Italia sono obbligatori quattro vaccini per i cani: parvovirosi, cimurro, epatite, leptospirosi.

Alcune strutture ricettive richiedono anche il certificato di buona salute e di avvenuta profilassi da parassiti interni ed esterni. La richiesta è giustificata dall’obbligo anche per l’albergatore di tutelare la salute degli altri ospiti, umani o animali.

Se decidiamo di affrontare un viaggio che prevede un treno, o aereo o autobus è bene sapere che il mezzo pubblico non può vietare il trasporto del nostro amico, noi ovviamente dovremo munirci di un biglietto a testa e in alcuni casi (se richiesto dal vettore) di una museruola o trasportino. Sono esclusi dal pagamento o eventuali divieti i cani per non vedenti o per soccorso pubblico. E’ bene ricordare che possono esserci orari in cui, per sovraffollamento, non è possibile portare con sé animali domestici (soprattutto servizi di trasporto urbano).

Allo stesso modo possono variare le condizioni di trasporto di animali per i taxi. Si consiglia, quindi, alla prenotazione, di precisare alla compagnia di taxi  la presenza di un animale.

Fondamentale, pertanto, verificare le condizioni generali di trasporto del vettore o compagnia di viaggio (aerea, di navigazione, ferroviaria). Le condizioni di trasporto sono parte del contratto di trasporto, pena l’inadempimento del passeggero ed il rischio di sanzioni pecuniarie. Ora molte compagnie aeree consentono la compagnia del cane in vacanza anche in cabina. Certamente il viaggio in aereo sarà più piacevole e sereno per tutti!

La normativa generale e speciale prevede che, come in albergo, anche sul mezzo pubblico il nostro amico non debba arrecare disturbo (oggettivo!) agli altri passeggeri. Se siamo viaggiatori on the road invece l’art. 169 C.d.s. , a garanzia della guida sicura, prevede al sesto comma “… è vietato il trasporto di animali domestici in numero superiore a uno e comunque in condizioni da costituire impedimento o pericolo per la guida.”

È consentito il trasporto di soli animali domestici, anche in numero superiore, purché custoditi in apposita gabbia o contenitore o nel vano posteriore al posto di guida appositamente diviso da rete od altro analogo mezzo idoneo. Il cane non deve essere lasciato incustodito in macchina, tanto in estate quanto in inverno. La Corte di Cassazione ha condannato ai sensi dell’art. 727 c.p. i proprietari di un beagle che era rimasto per troppo tempo solo in macchina. Durante il viaggio, se lungo, proprio per evitare danni alla sua salute, il cane deve poter bere e passeggiare, 

Prima di scegliere la nostra destinazione di viaggio dovremo visionare i regolamenti della struttura di destinazione. La clausola “Animali ammessi”, con distinzione semmai “di piccola taglia” è la prima verifica sulla struttura recettiva. Alberghi, campeggi, appartamenti o case vacanze possono legittimamente rifiutare l’ospitalità agli animali domestici. È un diritto insindacabile dell’esercente porre tale limitazione all’ospitalità. Con il cane in vacanza, quindi, la destinazione deve essere una struttura ricettiva in cui sono ammessi animali della taglia del nostro amico.

E se i nostri animali restano in città? 

Se proprio non possiamo portare con noi il nostro amico una possibilità è ricorrere alle pensioni per animali per la custodia e cura dell’animale che resta in città.

Anche qui la normativa prevede che la struttura abbia degli specifici requisiti, in primis le autorizzazioni sanitarie. La normativa nazionale e locale è a tutela degli animali, ma anche della salute collettiva. Il nostro cane dovrà soggiornare in un box di almeno 4 mq con un’area coperta per la cuccia, dotato di sistema automatico di abbeveraggio. Allo stesso modo ogni struttura deve avere uno spazio al chiuso ed uno all’aperto per il gioco e la passeggiata.

Sempre più diffusa, in alternativa, la figura del dogsitter, persona che si prende cura del nostro amico presso il proprio domicilio. Il dogsitter è responsabile, in solido con il proprietario, per i danni arrecati a terzi dall’animale affidatogli.

Sempre più diffusi i corsi professionali di tecnico dogsitter, anche riconosciuti dalla competente Federazione Italiana Sport Cinofili. I corsi forniscono le competenze per la professione di dogsitter, dogwalker, dog-daycare. Pensione o dogsitter che sia, l’animale deve essere custodito con diligenza. L’affidatario è responsabile nei confronti del proprietario della cura e del benessere dell’animale. Il proprietario deve essere informato di ogni problema di salute del proprio animale.

La Suprema Corte ha stabilito che il custode dell’animale è responsabile anche del suo stato psicologico; corre obbligo di informazione anche della depressione da nostalgia. Il custode dell’animale il cui proprietario sia in vacanza è responsabile anche ai sensi dell’art. 1766 Codice Civile per i danni subiti dall’animale stesso. Senza escludere eventuali responsabilità penali.

Veniamo ora alle note dolenti: ci sono ancora persone che abbandonano i propri animali. Questo triste fenomeno soprattutto estivo non è solo una violazione di leggi etiche e morali, ma è un vero e proprio REATO! 

L’art. 727 del codice penale così recita “Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.” 

La Corte di Cassazione ha ritenuto che rientri nella fattispecie dell’abbandono dell’animale domestico anche una condotta di trascuratezza, disinteresse e mancanza di attenzione. Il codice penale, inoltre, punisce anche chi detiene animali domestici in condizioni che contrastino con la natura e generino sofferenze. È stata la legge 189/2004 a introdurre i delitti contro il sentimento per gli animali, a tutela degli stessi amici a quattro zampe, prima ancora che degli amanti degli animali. È stato così introdotto il reato di delitto di uccisione di animali (articolo 544 bis) per cui “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”. 

Ribadiamo quindi che l’abbandono, il maltrattamento e l’uccisione di animali oltre che gesti incivili, sono reati. 

L.L. per Federconsumatori Reggio Emilia.

Realizzato con fondi Ministero sviluppo Economico. Riparto 2020
 
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